Quando un difetto...

La statua “col pelo nero” finisce nell’orto del palazzo di Metello Vari adiacente alla Chiesa di S.Maria sopra Minerva a Roma, dove, nel 1556, la vede Ulisse Aldrovandi che ne effettua la seguente descrizione:
“In una corticella overo orticello, vedesi un Cristo ignudo con la Croce al lato destro non fernito per rispetto d’una vena che si scoperse nel marmo della faccia, opera di Michelangelo, che la donò a M. Metello, e l’altro simile a questo, che hora è nella Minerva lo fece fare a sue spese M. Metello al detto Michelangelo”. Quindi, la statua dal “pelo nero” è la prima versione del Cristo Portacroce della Minerva.

La storia della statua dal pelo nero è all’epoca ben nota e, nel 1607, il grande mecenate e intenditore d’arte, Vincenzo Giustiniani, con la mediazione di Passignani e la stima artistica del Cigoli, l’acquista per 300 scudi per la propria Galleria di statue antiche, già ricca di opere d’arte.
Il documento che prepara l’acquisto, ancora esistente, ne conserva la descrizione: “Una borza di marmo di mano di Michelangelo del Cristo della Minerva dello stesso, ma di diversa positura, et a lui piace e crede che il prezzo sarà poco più che la valuta dello stesso marmo, la figura come sapete è grande al naturale”.

Nell’inventario della Collezione Giustiniani redatto nel 1638 dopo la morte del marche Vincenzo, così viene descritto:
“Un Cristo in piedi nudo con panno di traverso di metallo moderno, che abbraccia con la dritta un tronco di croce con corda e elogia e tre pezzi di croce in terra, alto palmi 9 circa”.
(Come si può notare, alla statua originale è stato aggiunto un perizoma in metallo in ossequio ai dettami della Controriforma).
Vincenzo Giustiniani prima della sua morte ha fatto finire la statua da un artista al suo servizio per poi destinarla alla Chiesa-Mausoleo di famiglia allora in corso di costruzione nel feudo di Bassano di Sutri (oggi Bassano Romano).
Il nipote successore di Vincenzo, principe Andrea Giustiniani, rispetta la volontà dello zio e il 5 aprile 1644, la statua del Cristo "col pelo nero" viene portata nella Chiesa di Bassano e sistemata nell’apposito spazio per lei realizzato sopra l’altare maggiore.
Questa collocazione rimane invariata fino al 1979, quando, forse, perduta anche nella memoria l’origine dell’opera stessa, in ossequio alla devozione del Volto Santo di Gesù, viene sostituita dall’attuale composizione e la statua è postata in una cappella laterale.

L’opera rinasce per la terza volta e defintivamente a nuova vita, in occasione della Mostra sulla Galleria Giustiniani che si tiene a Roma nel 2001, quando dalle ricerche archivistiche degli atti notarili, delle lettere e degli inventari, balza di nuovo all’attenzione mondiale quest’opera “dimenticata”.
La statua è esposta prima a Roma, poi a Berlino, per tornare infine alla sua sede storica nel Santuario di Bassano Romano dove finalmente trova la sua giusta collazione in una Cappella a lei riservata sotto l’attenta e amorevole custodia dei Monaci Benedettini Silvestrini, attuali proprietari del Santuario.

Il “pelo nero”, il difetto, che l’ha marchiata all’ origine, che l’ha condotta per vicende alterne e per celati percorsi, non ha nascosto nel tempo la potenza dell’arte e della bellezza che le aveva donato il suo autore. E’ stato anzi, come un misterioso fil rouge che l’ha condotta nei secoli fino ai nostri giorni e che la fa apprezzare ancora di più, come un figliol prodigo ritrovato, come un diamante grezzo nascosto nella roccia, come l’anima splendente nascosta dentro ciascuno di noi.